Politica Otranto 

Porto e dehors, scontro politico a Otranto. Spunta emendamento per "salvare" i pontili

Nella città dei Martiri, prosegue lo scontro sulla vicenda dei pontili, con una svolta che potrebbe giungere in Parlamento. E, intanto, sul progetto del porto esterno sembra essere calato il si...

Nella città dei Martiri, prosegue lo scontro sulla vicenda dei pontili, con una svolta che potrebbe giungere in Parlamento. E, intanto, sul progetto del porto esterno sembra essere calato il sipario. È tempo di scontro politico ad Otranto in un momento in cui la città dei Martiri appare segnata dalla vicenda dei pontili galleggianti nel porto interno, con la battaglia ingaggiata dal Comune con la Soprintendenza per il mantenimento delle strutture per tutto l’anno. Sulla questione pende una sentenza del Consiglio di Stato che impone lo smantellamento della struttura e, al di là delle pur comprensibili recriminazioni degli operatori del settore che ritengono il passaggio un danno per l’economia del territorio, da quel dispositivo non sembra esserci possibilità di sottrazione. Sulla base di questo principio, la Soprintendenza ha ribadito il suo no in ogni sede sull’ipotesi di ricorrere a un nuovo progetto che permetta di bypassare quella decisione dei giudici amministrativi. Il Comune, invece, ha tentato la strada di una conferenza dei servizi, dove mettere insieme gli enti e presentare appunto una proposta che permettesse di non rimuovere le strutture e di ridurne le dimensioni per mantenere i pontili in loco. La risposta della Soprintendenza è stata la stessa, ovvero che dalle sentenze non si può prescindere. Ma, intanto, nel testo della Legge di Bilancio del governo gialloverde, in discussione in Parlamento, alcuni esponenti di Forza Italia (Gasparri, Damiani, Mallegni, Berardi, Ronzulli, Pichetto Frattin, Toffanin, Modena) vogliono presentare un emendamento relativo alle disposizioni in materia di destagionalizzazione, che potrebbe “salvare” i pontili. Nel testo si legge che “I titolari delle concessioni e consegne demaniali marittime ad uso turistico ricreativo e diportistico che utilizzino i manufatti amovibili (…) possono mantenere installati i predetti manufatti fino al 31 dicembre 2020, o fino alla durata della concessione o consegna demaniale se prevista oltre la suddetta data, senza obbligo di smontaggio stagionale, che dovesse essere eventualmente previsto dalla autorizzazione paesaggistica”. Si tratta di una soluzione che toglierebbe molti grattacapi al Comune e che di fatto inficerebbe la sentenza che impone lo smontaggio dei pontili. Ma bisognerà capire se l’emendamento verrà poi approvato in quella sede. Alla complessità del dibattito, si aggiunge un altro capitolo: da fine ottobre, diversi esercizi di ristorazione sono stati costretti a rimuovere i dehors, per via delle bocciature che la stessa Soprintendenza ha iniziato ad applicare sui nuovi modelli di “acquario”, rimettendo in discussione di fatto le modifiche operate al regolamento comunale e dando avvio a una serie di ricorsi al Tar da parte di alcuni dei commercianti toccati dal provvedimento di smontaggio. Nello specifico, esiste una norma dello Stato che prevede che ogni struttura sia preventivamente concordata con la Soprintendenza. L’amministrazione comunale, a guida di Luciano Cariddi, tentando di venire incontro alle sollecitazioni degli esercenti, che lamentavano difficoltà in alcune circostanze nell’utilizzo di ombreggianti e coperture solo con ombrelloni, ha modificato il regolamento arrivando all’approvazione dei dehors, su cui in prima istanza sembrerebbe che ci fosse parere favorevole della stessa Soprintendenza. La rimodulazione dei vecchi modelli, ormai vetusti, in nuovi progetti ha portato alla decisione della Soprintendenza di opporre pareri negativi, con la prescrizione di utilizzare soli ombrelloni, in molti casi, per la sola stagione turistica, e l’inevitabile trafila dei ricorsi amministrativi in corso (peraltro che riguardano anche altre realtà comunali). Sulla “lettura” di quanto sta accadendo in termini giuridico-amministrativi, è in atto una battaglia tutta mediatica tra il capogruppo di opposizione, Luca Bruni, e l’ex sindaco di Otranto, Luciano Cariddi. Il primo contesta le modalità operative dell’amministrazione comunale di Otranto, sia nelle “forzature” delle procedure (come peraltro sottolineato già nella vicenda del Twiga e degli accessi al mare) che nel metodo di approccio alle questioni (ovvero evidenziando una poca predisposizione a creare rapporti costruttivi con le istituzioni, a partire dalla Soprintendenza), contestando in definitiva, alla luce dei risvolti dell’ultimo anno, i risultati raggiunti dallo stesso Cariddi. L’ex sindaco, dal canto suo, difende le proprie scelte, rivendicando la bontà di un operato votato alla collaborazione con le categorie cittadine e lamentando un atteggiamento “vessatorio” della Soprintendenza, che si sarebbe opposta ideologicamente alle proposte della sua amministrazione. Non solo, ma ribadisce quelli che ritiene siano i successi del suo governo decennale.   Dentro queste visioni contrastanti, poi ci sono le considerazioni più personali, le stilettate sui voti ottenuti, il desiderio di marcare le posizioni nel gioco tutto elettorale del “stai con la Soprintendenza” o “stai con la città”, senza dimenticare le evoluzioni del quadro politico, dove ad amministrare Otranto c’è il fratello dell’ex sindaco in sostanziale continuità con la precedente gestione, con una fetta consistente della passata amministrazione che ne ha condiviso molte scelte approdando poi nel progetto oggi all’opposizione e con il già primo cittadino, Francesco Bruni, cugino dell’attuale capogruppo di minoranza e per oltre un decennio strenuo avversario di Luciano Cariddi, riavvicinatosi nell’ultima campagna elettorale per le politiche proprio a quest’ultimo. Una situazione, insomma, dove è facile rinfacciarsi reciprocamente alcune chiare incongruenze. Ma, al di là di questo che rappresenta in fondo il “pepe” della politica amministrativa, sullo sfondo c’è la sorte dell’unico grande progetto che la città da anni attende, ovvero quello del porto esterno, su cui da mesi è calato un silenzio profondo che ha il sapore di un requiem. Sembra lontano anni luce quel 10 novembre 2014, quando il governo Renzi, nel consiglio dei ministri, diede via libera al progetto di Condotte spa, dopo lunga attesa; così come appaiano sbiadite le dichiarazioni euforiche della conferenza stampa del giorno dopo in cui tutta la politica salentina parlava di “giornata storica” e c’era chi ipotizzava la cantierizzazione dell’opera già nell’autunno del 2015. Nell’autunno successivo, invece, era arrivata la sottoscrizione dell’accordo di programma con la Regione Puglia, desiderosa di tornare protagonista nella vicenda, e con la nuova promessa di imprimere una svolta al progetto. Nel luglio 2016, era stato firmato un protocollo d’intesa per una rete dei porti turistici, tra Otranto, Trani ed Ostuni. Poi, nel settembre del 2016, era arrivato l’accordo di programma sul porto turistico (confermato all’unanimità nel consiglio comunale qualche giorno dopo), alla presenza del presidente della Regione Emiliano con l’ennesima sottolineatura di una “giornata storica per la città” che avrebbe accelerato la cantierizzazione dell’infrastruttura grazie all’investimento di 45 milioni di euro e la concreta possibilità di vedere entro il 2020 realizzata buona parte dell’intera opera.  Da allora, però, niente si è più mosso, con un progetto, quello di Condotte Spa, peraltro attraversata da una crisi aziendale profonda, disinnescato dai fatti e che non sembra più praticabile. Mauro Bortone         

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